Tappa 11: Tavernelle - Comano Castello

5h:15m
10,6 km
359 mslm
864 mslm
404 mslm
581 mslm
Tempo di percorrenza: 5h:15m
Lunghezza percorso: 10,6 km
Altitudine minima: 359 mslm
Altitudine massima: 864 mslm
Altitudine partenza: 404 mslm
Altitudine arrivo: 581 mslm

Località toccate

Tavernelle – Torrente Taverone – Catognano – Canale Montale – versante sud del Monte Castellaro di Prota – Rio Gropparo – Capugnano – Cafaria – Borgo Prota – Castello dei Lupi – Monte Nueto – Rio degli Orsi – Rio dei Paduli – Rio di Fionchello – Groppo San Pietro – Lago di Comano – La Piana – Rio della Valle – Summocomano – Piano – Croce – Comano Castello.

La tappa

La tappa è quasi interamente sviluppata nel nuovo territorio comunale di Comano, il quale, grazie ai boschi rigogliosi indossati dai rilievi del Castellaro e del Nueto, nonché lungo l’ampia vallata di Cozzano, offre buone possibilità d’incontri faunistici.

In via Val d’Enza, a Tavernelle (m. 416), (foto 1) si ricerca di fronte al bar trattoria Il Capriolo, in Piazza in Cima alla Riva, una scalinata che, nei pressi della fermata del bus, scende in direzione del greto del Taverone.

Sul residuo di un acciottolato contornato da erbe selvatiche, si precipita con forte pendenza fino al ponte che scavalca il Torrente Taverone (braccio destro), originario del gruppo montuoso posto ad ovest del Passo del Lagastrello, comprendente i monti Bocco, Malpasso e la Cima Canuti, ma pure alimentato dagli impluvi che si sviluppano a partire dal Monte Alto e la Punta Buffanaro (braccio sinistro). Sul torrente è ben evidente la struttura a tre piani di un antico mulino splendidamente (anche se dall’aspetto un po’ tetro) recuperato da recenti interventi di ristrutturazione. (foto 2) Osservando il corso d’acqua ci si accorge degli splendidi meandri che, attraverso sinuosità strette fra alte pareti e l’opposizione di macigni dal colore argenteo, offrono cascatelle impetuose e piccoli catini che durante il periodo estivo sono un esplicito invito alla balneazione.

Dall’altra parte il residuo dell’antico acciottolato (ora si propone con maggior chiarezza) sale compiendo decise svolte tra querce, faggi, pioppi e carpini (foto 3) arrivando ben presto a una quota di livello altimetrico pari a quella del dirimpettaio borgo di Tavernelle. Sempre in salita nel bosco, alle pendici meridionali del Monte Nueto, si fiancheggia a un certo punto una recinzione e restando in bella vista su Ripola, (foto 4) nonché verso il crinale che s’erge alle sue spalle che dal Monte Campolone si delinea fino al Monte Casalmorra, si perviene sulla stradina asfaltata proveniente da Montale.
Si va a sinistra e in leggera salita, passando a monte di declivi prativi, s’arriva in breve (già nel comune di Comano) in quel di Catognano (m. 460). (foto 5)

Indicato erroneamente anche con due “T”, il borgo si presenta ancora oggi con caratteristiche del passato, perché quasi interamente costruito su gallerie e arcate che gli conferiscono un fascino del tutto particolare. L’attento visitatore si accorgerà fin da sùbito di un triplo sottopasso a dir poco esclusivo, antichissimi portali ben conservati, marginette votive disseminate qua e là e la perla dei lavatoi che richiamano ad un passato molto remoto. Nella parte alta del caseggiato sorge l’antico oratorio sconsacrato dedicato a San Giuseppe, risalente al 1728, in stile barocco, struttura oggi accorpata ad un agriturismo. In loco vivono stabilmente una ventina di persone.

Lasciata a sinistra la stradina che conduce all’Agriturismo Casa Turchetti, ci si porta verso il lungo e spettacolare volto che dà l’accesso al borgo, (foto 6) poi, fra altre arcate, portali che recano millesimi di vari periodi, una maestà e i bellissimi lavatoi, (foto 7) s’arriva ad un importante bivio: la scalinata a sinistra di via Viggiano è la prosecuzione di una variante del Trekking Lunigiana, la quale, tra castagni, cerri e faggi, rimonta da sudovest il Monte Nueto, da dove si godono ampi panorami sull’alta Valle del Taverone e il Monte Cavallina, sovrastati dall’imponenza del Monte Bocco. Poi lungo strade d’esbosco, sull’alta Valle di Cozzano, si riunisce alla tratta principale che ora andremo a descrivere.

Trascurata dunque la scalinata, si prosegue nel medesimo contesto villereccio passando una fonte e un portale del 1658, oltre il quale si esce su terrazzamenti ad ulivo. Più avanti ci si muove su un viottolo che in discesa, chiuso ai lati da una cinta a secco e da rovi, si porta a contatto di pianelle terrazzate che un tempo reggevano coltivi. Guadato su pontetto il Canale Montale, (foto 8) freddolosamente chiuso all’interno di una stretta goletta boscata (questo canale si origina dal Monte Nueto ed è affluente di sinistra del Taverone), la cui peculiarità sta proprio tutta nell’umidità, fatto che garantisce la sopravvivenza di specie faunistiche come la salamandra (foto 9) di non facile reperibilità sul territorio, si procede in salita, fra cerri, pioppi e faggi, ma anche edera, primule, elleboro e pungitopo.

Abbastanza ripidamente, tracciando il versante sudovest del Monte Castellaro di Prota, si perviene ad una selletta, ove si trascura a sinistra un sentiero che sale verso la cima (un tempo qui sorgeva un’edicola votiva). In un clima straordinariamente selvaggio, si pianeggia restando incassati all’interno di un sentiero che, compiendo una sorta di perimetrale, attraversa un ambiente popolato da ungulati e musicato dalla fauna avicola. Attraversata in falsopiano un’ampia zona soggetta a disboscamento, ci si ritrova nel fitto di felci, erica arborea, ginestre e castagni, in bella vista verso la vallata del Taverone (braccio sinistro) proiettata a sud con il paesino di Varano che si esibisce in primo piano. (foto 10)

Continuando dunque ad aggirare il Monte Castellaro di Prota, ora sul versante sud, si guada il Rio Gropparo, quindi, fra cerri, castagni (foto 11) e qualche radura, ci si affianca a una vecchia recinzione a filo spinato, assieme alla quale si perviene al primo caseggiato rionale di Prota, ossia Capugnano (m. 518), citato pure col toponimo Capungano. (foto 12)
Oltrepassata una fonte con vasca, si continua a monte dello sparuto caseggiato, per poi uscire fra i pascoli che lo separano dalla borgata di Cafaria, dove s’incontrano gli antichi lavatoi. Sùbito si resta catturati da portali e architravi del XVII e XVIII secolo, (foto 13, foto 14) dove sono raffigurati simboli propiziatori, scritte latine (frequente l’acronimo di Iesus Hominum Salvator), elementi decorativi che richiamano la vita agreste, figure antropomorfe (in particolare volti) e zoomorfe, ma anche marginette, una delle quali con bassorilievo del 1640.
Respirando gli effluvi delle stalle, si sottopassa un’arcata (foto 15) e si esce ancora fra i pascoli andando ad incontrare un bel portale del 1675.

Siamo ora nella contrada di Borgo Prota, dove altri portali e un camminamento perpendicolare conducono sulla piazzetta in cui arriva la carrozzabile che sale da Crespiano. Qui sorgono gli edifici di culto di Prota, ossia l’oratorio dedicato a San Bartolomeo e la chiesa di San Genesio. (foto 16)

Prota è formato da una serie di piccole borgate in cui primeggiano maestosi edifici rurali e, come già accennato, una cospicua presenza di cenni post rinascimentali ben conservati. In questa località, popolata da una cinquantina di residenti, sono in pochi a ricordare la struttura della piazza originale prima ancora che venisse depredata degli antichi lavatoi e di quell’acer campestre, altrimenti detto “oppio”, termine con cui gli stessi paesani un tempo identificavano il borgo. Distese di campi e boschi attorniano questo luogo silenzioso al cui interno nel 1697 fu edificato con blocchi d’arenaria un oratorio privato dedicato all’Annunziata e San Carlo. Oggi, invece, di edifici religiosi ne restano due, curiosamente separati da una stradina che dà accesso ad altri due caseggiati facenti parte di Prota, ossia, Castello dei Gufi e Castello dei Lupi.
A sinistra, l’oratorio di San Bartolomeo, piccola cappella privata edificata nel 1725 dal prete Alessandro Coppelli, culminante con un sottile campanile a vela sormontato da una croce. Le semplici linee architettoniche si mostrano nella facciata con due capitelli laterali troncati all’altezza del timpano, un portale in arenaria squadrato con ai lati due semplici finestrini e, al disopra del portale, un timpano privo della cuspide capeggiato da uno sproporzionato stemma gentilizio.
A destra, invece, l’oratorio di San Genesio, risalente al 1618, fiancheggiato da un tozzo campanile a due piani con cella campanaria a quattro fornici. Il portale ad architrave reca una lunga incisione e un bassorilievo marmoreo dedicato all’Annunziata. In sequenza, a salire, si osservano un occhio orbitale e una cornice moderna a tre salienti atta a chiudere il timpano. La facciata è chiusa ai lati da due paraste collegate alla base del timpano. L’aula liturgica conserva nel vano rettangolare il presbiterio, sopraelevato di due gradini, dotato di un antico altare di gusto ligure in stucco e di una vetrata policroma raffigurante San Genesio.

Detto che scendendo lungo la carrozzabile, dopo pochi metri s’incontrerebbe la trattoria Federici (ne parleremo più avanti), proseguiamo con la descrizione del nostro trekking, il quale, imboccata la via che passa fra i due edifici religiosi, arriva ad un imminente bivio: trascurata a sinistra la via per Castello dei Gufi, (foto 17) esso segue a destra quella per Castello dei Lupi, (foto 18) poi, evitate altre deviazioni laterali, esce definitivamente dall’abitato per passare fra orticelli e ricoveri.

Ci si trova a questo punto alle pendici meridionali del Monte Nueto, con la prospettiva di risalirne il versante orientale per andare alla ricerca, nell’alta valle di Cozzano, dello sbocco della variante lasciata a Catognano.
Già in vista sul crinale del sito di Groppo San Pietro (la prospettiva inganna perché la distanza da qui è ancora notevole), si sale costantemente su buona traccia in compagnia del faggio, poi, tenendo la sinistra ad un bivio, si procede sempre più sostenuti ad aggirare un fosso asciutto.
Il bosco è integro, la fauna avicola spadroneggia, l’incontro col capriolo e magari la lepre non sono certo una chimera; prati, boschetti, lo sfondo del Monte del Giogo con alle spalle le cuspidali del Monte Acuto e la Punta Buffanaro, l’ampia conca di Cozzano (foto 19) e poi ancora cerri, faggi, ginestre, arbusti di biancospino, sono questi gli elementi principali che caratterizzano questo lungo tratto.

Evitata una pista a destra, la via acciottolata (foto 20) raggiunge una costa erosa arricchita di ginestre, rovi e biancospini, dopodiché taglia quelli che un tempo erano già abbondanti pascoli del versante orientale del Monte Nueto. Esposta sul ripido e rigoglioso bosco, essa avanza con una certa monotonia spostandosi con una specie di torsione verso l’alta Valle di Cozzano, in un ambiente decisamente solitario, quindi, con nuovi strappi in salita, proiettata verso le pendici meridionali del Monte della Pala, tocca un abbeveratoio con fonte in secca, oltre il quale si appoggia fra rottami e scaglie d’arenaria.
Ancora paleo, cerri, faggi e ginestre e perviene in un punto dove in alto a sinistra presenta una capanna, un tempo probabilmente legata alla funzionalità dell’abbeveratoio.
Con un lungo rettilineo in pendenza, (foto 21) finalmente va confluire sulla pista sterrata corrispondente alla variante lasciata a Catognano, oggi marcata pure con il segnavia 14.
La si segue verso destra e senza farsi ingannare dai confusionari segnavia che deviano su altri viottoli, ci si mantiene imperterriti sulla pista sterrata che, comodissima e pianeggiante, (foto 22) supera la goletta del Rio degli Orsi (m. 826), il quale ci mostra uno scivolo alto almeno una ventina di metri.

Usciti per un momento in vista su Prota (foto 23) e su tutto il crinale che lega il Nueto al Castellaro, si trascura a destra una diramazione (in questo punto però consigliamo di risalire per pochi secondi a destra un viottolino che guadagna la sommità d’un invitante poggio erboso panoramico verso il Monte del Giogo e le Alpi Apuane), quindi, in leggera discesa, si scavalcano le irrorazioni del Rio dei Paduli, le quali pare accarezzino un ambiente addolcito da doline e conche prative, luoghi sfruttati da animali pascenti quali cavalli e bovini. (foto 24)

Con particolare attenzione alla segnaletica, dopo pochi metri dal Rio dei Paduli il Trekking Lunigiana abbandona la pista sterrata per intraprendere sulla destra (sono presenti delle rocce) un viottolo che s’inoltra nel bosco e che con comodi saliscendi si sposta verso l’alta valletta del Fionchello. Raramente panoramico sia verso la profonda Valle di Cozzano sia oltre una serie di quinte collinari che sfumano in lontananza in prossimità di Licciana, in una quindicina di minuti esso confluisce sulla strada per Groppo San Pietro (m. 809), una manciata di case non toccate dal TL sistemate su un rilievo scosceso battuto da forti venti in cui capeggiano i ruderi di un castello di rilevanza storica (il sito è raggiungibile seguendo la stradina a destra per pochissimi minuti). (foto 25a) (foto 25b)

Le rovine comprendono una torre quadrangolare, i resti di una cisterna e tracce di cinta facenti parte di un’imponente fortezza costruita attorno all’anno 1000 dagli Estensi, posta in posizione chiave a controllo dei presìdi che dal Passo dei Linari scendevano nella valle del Taverone. Dai Moregnano passò in séguito ai Malaspina, legando la sua storia alle lotte contro l’impero condotte da Obizzo di Filattiera e dal figlio Bernabò (XIII secolo). Qui fu fatto prigioniero e ucciso da Bernabò il vicario imperiale Bonaccorso da Padule, sostenitore dei Guelfi all’epoca di Federico II. Il complesso fu distrutto e mai più ricostruito da un violento terremoto avvenuto nel 1481.

Dal Rio dei Paduli esiste una seconda possibilità per raggiungere Groppo San Pietro, una valida alternativa perché semplice e remunerativa dal punto di vista paesistico. Infatti, anziché imboccare il viottolo che si diparte a destra, è sufficiente mantenersi sullo sterrato, il quale insiste a tagliare fra bellissime aree pascolive che si estendono fin quasi alle pendici meridionali del Monte del Giogo. (foto 26)

Giunti su un’ampia sella a balcone (ad oggi è presente una panchina gigantesca inaugurata ad agosto del 2021), ci si trova splendidamente posizionati fra poggi erbosi, affacciati quasi a 360° in osservazione della cresta appenninica che emerge al di là della Costa del Matalone, ossia il Monte Acuto, la Punta Buffanaro, il Monte Alto e i Groppi di Camporaghena; (foto 27) più ad est, invece, lo scenario è decisamente catturato dal Monte Scalocchio e da La Nuda, (foto 28) i primi avancorpi che formano la catena appenninica al di là del Passo del Cerreto; non è tutto, infatti, più a sud sorprendono pure le Alpi Apuane che, a cielo sereno, sfoggiano la loro entità attraverso le vette più rappresentative.

Con l’ausilio delle tacche rosse dell’itinerario 14, ci si porta velocemente verso la vicina carrozzabile (Provinciale 25) che scende dal Passo del Giogo e in vista di un bel podere adagiato alle pendici meridionali del Monte del Giogo, (foto 29) si va a destra, per continuare sull’asfalto accompagnati da altre belle vedute fino al bivio di Groppo San Pietro, dove ci si ricongiunge al Trekking Lunigiana.

Si continua a scendere sulla provinciale oltrepassando alcune case isolate circondate da pascoli, poi, con un bell’aggiramento da ovest verso nord attorno al Lago di Comano, (foto 30) s’arriva in località La Piana (m. 724), ove sorge l’imponente complesso per anziani di Villaverde, dotato di ogni comfort.
Originariamente il Trekking Lunigiana, nei pressi di Casa Moretti, circa 200 metri prima del lago, imboccava sulla destra un tracciato diretto ai guadi del Rio Ropiccio e del Rio della Valle per poi risalire velocemente a Summocomano. Oggi il percorso è completamente franato nella parte finale, pertanto, è fondamentale non farsi ingannare da segnaletiche differenti oppure da mappe datate.

Sempre in discesa, si guada in curva il Rio della Valle, quindi, volgendo a sud, inseriti in un contesto boschivo in cui si alternano pini e castagni, si transita alle pendici meridionali della Costa del Matalone.
Trascurata una stradina a sinistra destinata a rimontare la suddetta costa, ma anche ad attraversare il valloncello del Fosso del Re di Sambuca, in breve si perviene al cospetto d’una vecchia fonte (in questo punto un tempo arrivava dal bosco il vecchio tracciato del Trekking Lunigiana), dove a sinistra si diparte un’altra pista che costituisce l’imbocco della tappa successiva del TL. Continuando invece sulla strada, in pochi minuti s’arriva a monte di Summocomano (m. 659), (foto 31) sùbito in presenza d’un antico e ben conservato lavatoio con fresca fonte (sul fronte è incastonato un bassorilievo d’inizio XIX secolo) adiacente al piccolo oratorio dedicato a San Rocco. (foto 32)

Alla destra della strada, ci s’infila nel carruggio su una via cementata che, toccata una fonte del 1934, passa fra le case e in breve raggiunge una stradina asfaltata (civico 62B). Si va a destra e sùbito dopo a sinistra, ove si cala fino a un successivo bivio marcato da una consumata colonnina a muro recante l’effigie di Sant’Antonio. Qui ci si tiene a sinistra, ma una volta di fronte a un primo edificio in sasso si piega a destra, per passare nuovamente fra le case del Piano (m. 620), (foto 33) ove s’incontra un bellissimo portale del 1822. (foto 34) Ad un successivo crocevia (altri portali del XIX secolo), si va a sinistra (oltre la ringhiera c’è un bar) e con immediata piega a destra si sottopassa un’arcata oltre la quale ci si ritrova sulla stessa strada lasciata a Summocomano. Pochi metri in discesa e al primo bivio stradale (portale del 1818) si piega a sinistra (continuando a diritto si raggiungerebbe la parte bassa di Comano, Imocomano, La Costa e Felgara), (foto 35) lungo una stradina che taglia un castagneto e, su pontetto, compie un guado sulla confluenza di due corsi d’acqua. Toccate le poche case di Croce (m. 589), (foto 36) in vista del castello, si lascia a destra una deviazione per Ca’ di Chiarella, si oltrepassa una caratteristica vasca in sasso con raccolta d’acqua (ex fonte) e, tagliando un pendio in parte boscoso e in parte erboso, si supera una maestà, oramai prossimi a ritrovare la Provinciale 25 ai piedi della località Castello (m. 575), (foto 37, foto 38) ove si chiude la tappa. Continuando a seguire i segnavia oltre il ponte sul Torrente Ardenasso, è possibile visitare il borgo e raggiungere il sito del castello medievale.

È certamente una delle zone più caratteristiche e rinomate della Lunigiana, soprattutto sotto il profilo turistico, visto che già nell’800 costituiva una delle stazioni climatiche più apprezzate della Toscana e dimora estiva di numerose famiglie dell’alta borghesia, tanto da meritarsi l’appellativo di “Perla della Lunigiana”.
Grazie, infatti, alle sue straordinarie bellezze ambientali e ad un clima assolutamente salutare, fin dai primi del ‘900 il territorio comunale si è notevolmente arricchito d’importanti strutture ricettive. Purtroppo però anche questo stupendo paradiso naturale è stato col tempo oggetto di un grave fenomeno d’emigrazione, causato soprattutto dalle scarse risorse economiche di un territorio piuttosto povero, i cui abitanti per secoli si sono dedicati quasi esclusivamente a una misera agricoltura, qualche pascolo e alla raccolta delle castagne. Divenuto comune autonomo nel 1920, mostra al suo interno e nei dintorni preziosi portali e singolari decorazioni. Le radici di questa terra affondano nell’Alto Medioevo e custodiscono indiscutibilmente un forte richiamo storico. Di certo si sa che Comano fu a lungo centro della Corte Ducale dell’alta valle del Taverone e che nel 938 re Ugo lo donò alla moglie Berta, quale dote nuziale. Nell’anno 884 l’allora marchese di Toscana Adalberto, fece dono della cittadina ai monaci benedettini di Aulla che, nel 1077 fondarono l’abbazia di Linari, nei pressi del Lagastrello, portando un lungo periodo di tranquillità tra la popolazione d’allora che si andava riunendo lungo le rive del Taverone. Nell’XI secolo Comano appartenne agli Estensi che la elessero quale loro punto di penetrazione in Lunigiana, i quali possedevano anche l’abbazia e i castelli di Comano e della vicina Groppo San Pietro, importanti baluardi militari per il controllo sul territorio circostante.
L’agglomerato urbano di Comano fu fortificato nel XII secolo dai Malaspina i quali, togliendo il potere ai vescovi di Luni divennero i Signori della zona. Successivamente il territorio fu governato da alcune famiglie longobarde, spesso unite da vincoli politici o imparentate con la contessa Matilde di Canossa, tra le quali i Bosi, gli Erberia e i Dalla; quest’ultimi esercitarono il potere su quasi tutto il territorio di Comano fino al XIV secolo, fatta eccezione per una piccola parte di esso, donata dal Barbarossa nel 1164 ai discendenti di Obizzo Malaspina i quali, in forte contrasto con i Dalla per il predominio sulla zona, tornarono a governare dopo difficili vicende militari che avevano visto anche l’intervento del lucchese Castruccio Castracani in difesa della famiglia longobarda. Successivamente alla corte di Comano si avvicendarono Fiorentini, Spagnoli, Genovesi e Austriaci, tutti attratti dall’ottima posizione geografica del territorio.
Nel 1808, dopo la dominazione francese, Comano passò, assieme a Fivizzano, ad Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone e Signora di Lucca, dopodiché, nel 1815, tornò al Granducato di Toscana e nel 1844 al duca di Modena, fino all’Unità d’Italia.
Il monumento più insigne della piccola frazione di Comano, sopravvissuta nel corso dei secoli a turbolente vicende militari, rimane la chiesa parrocchiale di San Giorgio, costruita nel XVIII secolo, sulle ceneri di un preesistente edificio religioso dedicato al medesimo santo, di cui si hanno notizie fin dal 1477. Il restauro, avvenuto dopo il terribile terremoto del 1920, non ha assolutamente alterato le sue caratteristiche originali e si presenta in tutta la sua imponente bellezza in stile barocco.
Oltre a parecchia storia e magnifici paesaggi, Comano annovera tradizioni (rassegna equina, mostra di pittori locali, mostra canina e ornitologica, Festa di San Giorgio) e leggende rievocate dai racconti della gente del posto: dove sia ubicata nessuno lo vuol dire, ma in paese c’è una cantina chiusa da tempo, in cui sono avvenuti fatti strabilianti. Tutto era cominciato con botti e caratelli pieni di vino che si svuotavano quasi per incanto. Il padrone pensò al tiro mancino di qualche buontempone e allora cambiò la serratura. Una mattina, sceso in cantina per prendere del vino, vide un paio di gambe che gli correvano incontro e udì una sonora risata. A questo punto si mise a gridare, accorse gente ma non fu notato nulla d’insolito. Il disgraziato fu ritenuto ubriaco e tutto finì lì. Un giorno, poiché ricorreva il suo compleanno, invitò un gruppo di amici a brindare in cantina, ma mentre la festicciola era al culmine, si spense la luce, apparvero delle lingue di fuoco e si videro braccia e gambe che correvano ovunque. Da quel giorno la cantina del mistero è rimasta chiusa.
L’incantevole territorio di Comano, si fa apprezzare anche per le eccezionali specialità gastronomiche offerte dalla cucina locale. Tipici piatti sono le fragranti frittelle di farina di castagne con formaggio grasso di mucca, gli insaccati di produzione casalinga e le pappardelle al sugo di lepre. (foto 39)
Numerose le offerte di vitto e alloggio a Comano, a cominciare dall’Albergo Ristorante Miramonti, struttura storica del posto dato che trae le sue origini dall’Antica Locanda Ca’ del Gallo, stazione di posta sulla strada del Lagastrello. Dotato di camere e piscina scoperta, la struttura garantisce un servizio culinario tipico della Lunigiana rivisitato in chiave moderna. Altra possibilità l’Albergo Ristorante Elisa, anch’esso dotato di piscina, moderna costruzione a conduzione familiare che offre piatti tipici del posto tra cui salumi, torte d’erbi, tortelloni di verdura, tagliatelle ai funghi, polenta con cinghiale, capretto in umido, ecc.
Vale la pena infine ricordare pure la Trattoria Federici in quel di Prota, locale semplice e accogliente, a conduzione familiare, che offre piatti caserecci quali pasta fatta in casa, torte d’erbi, agnello, tagliata e dolci prelibati, e il Bar Ristorante Di…Vino, al Piano di Comano, piccolo locale semplice dalla cucina genuina e di ottima qualità.

  • Agriturismo Casa Turchetti, a Catognano di Comano – 0187486025
  • Trattoria Federici, a Prota di Comano – 0187484610
  • Albergo Ristorante Miramonti, a Comano – 0187484563 oppure 3383752737
  • Albergo Ristorante Elisa, a Comano – 0187484217
  • Casa vacanze Casa Ruscello, a Comano Castello
  • B&B Ca’ di Chiarella, a Croce di Comano – 0187484437 oppure 3355254139
  • Bar, Ristorante Di…Vino, a Piano di Comano – 0187 484266
  • Affittacamere l’Oasi, a Castello di Comano – 3287362531 (apertura non garantita)

Legenda

Tempo di percorrenza
Lunghezza del percorso
Altitudine minima del percorso
Altitudine massima del percorso
Altitudine tappa di partenza
Altitudine tappa di arrivo

Profilo altimetrico

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