Tappa 08: Arzengio - Rocca Sigillina

4h:00m
9,1 km
341 mslm
555 mslm
460 mslm
441 mslm
Tempo di percorrenza: 4h:00m
Lunghezza percorso: 9,1 km
Altitudine minima: 341 mslm
Altitudine massima: 555 mslm
Altitudine partenza: 460 mslm
Altitudine arrivo: 441 mslm

Località toccate

Arzengio – Fosso d’Angelo – Fosso del Lazzaretto – Fosso Terriola – Cerétoli – Fosso di Arola – Fosso Scapponara – Canale del Gorgoglione – Narallo – Canale di Tarasco – Arnuzzolo – Canale della Garotta – Lusine – Macerie – Pozzi – Serravalle – Fosso del Tresanese – Li Groppo – Canale del Rumore – Casoni – Fosso di Cuccarello – Fratta – Rocca Sigillina.

La tappa

È il passaggio dal territorio comunale di Pontremoli a quello di Filattiera, attraverso borgate e valloncelli che si dispongono a sud dei Prati di Logarghena, con un finale d’elevato spessore incentrato fra storia e paesaggistica appenninica.

Avviso importante: purtroppo al momento, a causa di un paio di frane di grossa entità, la tratta che collega Serravalle a Rocca Sigillina è impercorribile. Infatti, appena superato il guado del Fosso di Cuccarello, si è staccata una parte di costa lasciando uno spazio di cammino lungo tre metri con una larghezza di soltanto 40 centimetri circa e una condizione aerea sulla destra con strapiombo verticale che in caso di caduta non lascia scampo. Inoltre, qualche minuto più avanti, una seconda frana d'enorme entità ha completamente cancellato una ventina di metri di sentiero, presentandosi come una colata verticale di terra instabile alta poco meno di 50 metri completamente spogliata della vegetazione arborea che prima la ricopriva. Infine, per la mancata manutenzione, già alle pendici sudest del Monte Ferdana e fino a Rocca Sigillina, il sentiero si presenta a tratti ostruito dalla vegetazione spontanea, in particolare da rovi, felci e ginestre che rendono assai fastidioso il cammino.

In attesa di una decisione da parte delle istituzioni competenti sulle pratiche di ripristino del territorio gravemente ferito, consigliamo nel frattempo di procedere con un'alternativa che da Serravalle conduce a Rocca Sigillina attraverso un tranquillo cammino su strada a scarsissimo traffico veicolare (vedi nella descrizione dettagliata della tappa). Sarà nostra premura, anche se si prevedono tempi piuttosto lunghi, tenere aggiornato il sito sulla sistuazione.       

Ad Arzengio (m. 432), (foto 1) si ricerca la fontanella sistemata a nord dell’abitato, in pratica al civico 37, dove inizia il selciato. Procedendo lungo il camminamento perimetrale, si lascia a destra una prima arcata e alla seconda la si sottopassa per compiere un aggiramento ad est in vista di Cerétoli (ad un certo punto una deviazione a destra consente di avvicinarsi alle residue mura del castello).
Arrivati all’estremità meridionale del borgo, si lascia a destra il percorso che continua ad attorniare il paese per imboccare a sinistra un viottolo che cala tra pianelle coltivate e arriva ad un importante bivio: qui si trascura a destra la variante della Via Francigena diretta a Pontremoli e si segue a sinistra un viottolo che fra querce e castagni scende velocemente alla Strada Comunale, in via ai Cappuccini, da seguire verso sinistra. Oltrepassata una bella casa indipendente circondata da uliveti e vigneti, (foto 2) si compie su strada un doppio guado, prima il Fosso d’Angelo e sùbito dopo il Fosso del Lazzaretto, due corsi d’acqua di modesta portata che discendono separati dalla costa del Mattale.

In leggera salita, si passa appena al disotto di un ex campo sportivo, oramai prossimi all’ingresso del caseggiato di Cerétoli (m. 449), (foto 3) dove sùbito s’incontra un’edicola con bassorilievo raffigurante Cristo in croce.
Nuovi coltivi e il guado del Fosso Terriola, canale che cala dal Monte Brusciol, anticipano di pochissimo sia l’ingresso al borgo sia l’incontro con la chiesa, dedicata a San Martino, nella cui parete del sagrato sono presenti lapidi commemorative dedicate ai Caduti delle grandi guerre.

Grazie alla posizione ben soleggiata e ad un versante (quello meridionale) ammantato da abbondanti pascoli, Cerétoli unisce alla coltivazione degli ulivi una valida attività pastorale, testimoniata da una cospicua presenza di mucche sul territorio. Popolato da una cinquantina di residenti, il borgo ospita la parrocchiale dedicata a San Martino, la cui origine primitiva risale al XIII secolo, dato confermato in quanto citata nelle decime di Bonifacio VIII quale dipendente della Pieve di Urceola (Saliceto). In stile barocco, mostra una semplice facciata composta da un portale in pietra sormontato da un finestrino e, più sopra ancora, da una piccola nicchia. L’interno, ad aula unica, si sviluppa in altezza, voltato a botte, dove si aprono scavati nello spessore della muratura confessionali e piccoli altari ospitati da cappelle. Al centro il presbiterio, sollevato di due gradini, con abside semicircolare chiusa dal catino affrescato.

Nel retro della chiesa ci si trova ad un crocevia: si va a sinistra, in direzione del corpo abitativo esposto più a nord, ma alla maestà (bassorilievo raffigurante la Madonna col Bambino) di fronte ad un lavatoio, si volta a destra, a fiancheggiare il cimitero. Nulla però vieta all’escursionista di dedicare qualche minuto al borgo, magari infilandosi a diritto nello stretto e lungo vicolo voltato recentemente riqualificato. (foto 4)

Oltrepassata l’area cimiteriale, si confluisce su una pista in erba e, a monte di pascoli e coltivi, ci si porta verso una casa indipendente e al suo recinto, oltre la quale si ritrova la carrozzabile che transita all’altezza delle ultime abitazioni di Cerétoli (civico 91) bagnate dal Fosso di Arola.

Trascurato l’asfalto a destra, si prosegue sullo sterrato che passa accanto a un edificio ed entra nel bosco, ma alla prima curva lo si abbandona per seguire a destra una traccia erbosa che, saltato il Fosso Scapponara, passa a lato di una piana prativa occupata da ulivi e cerri.
Con un breve tratto solitamente infangato e malagevole (meglio camminare sul ripiano a destra), si perviene al guado di un rio oltre il quale  si confluisce su un altro sentiero trasversale da seguire a destra.
Brevemente, in discesa nel bosco, s’arriva al pontetto sul Canale del Gorgoglione, osservato da altissimi castagni secolari, nei cui pressi, in basso, si nota una fonte sgorgare dall’interno della costa. (foto 5)
Con un piacevole attraversamento boschivo, si pianeggia uscendo su radure presenziate da uliveti e qualche melo, poi, scavalcati un paio di ruscelli (il secondo in inverno forma una bella bozza d’acqua sorgiva), (foto 6) s’incontra una maestà con tondo in terracotta raffigurante la Madonna col Bambino.

Evitato il sentiero che cala a destra, ci si avvicina al podere Narallo (m. 439), (foto 7) ad oggi in stato di abbandono, oltre il quale, proseguendo lungo il solito viottolo che taglia fra antichi terrazzamenti caduti da tempo in disuso, ci s’immerge nuovamente nel bosco misto dalle cui finestre è possibile approfittare delle ultime panoramiche verso le campagne e i paesi di Arzengio e Cerétoli. Un nuovo lungo tratto in falsopiano, ora panoramico verso Pontremoli, scopre una recinzione, esce sulla destra e fra radure occupate da ginestre, cerri e ulivi inselvatichiti, (foto 8) avanza fino ad incontrare un terrazzamento ad ulivo.
Una volta in fronte ad una cinta a secco, si lascia sulla destra, fra le ginestre, la traccia sentieristica diretta a Calizzana per piegare tosto a sinistra ai piedi dell’uliveto prima menzionato. (foto 9)

Un successivo passaggio nel bosco (foto 10), dove cinguettano a tutto spiano passeriformi, tordi e silvidi, ci conduce, dopo il guado di un fossetto sempre asciutto, su una sorta di crinale affacciato verso la valletta di Tarasco, una spianata servita da una sterrata al disotto della quale corre una linea del metanodotto. (foto 11) La si segue verso destra, in compagnia delle ginestre, ma poco prima d’arrivare ad un traliccio, la si abbandona per imboccare a sinistra un’altra buona traccia che cala ripida su scaglie attraversando all’aperto una costa ricca d’erica arborea, ginestre, cerri, biancospini, ornielli e, più raramente, faggi e pini.
Passati ai piedi di un declivio prativo, si guada un rigagnolo, poi, un po’ per bosco e un po’ all’aperto, ci si allunga ad incontrare un poggio coltivato ad ulivo, nei cui pressi s’attraversa un altro rivolo. (foto 12)
Si resta affiancati a una recinzione finché, al termine della stessa, è importante voltare tosto a destra su un sentiero acciottolato che, fra cinte a secco e ripiani prativi, si abbassa ad incontrare una mulattiera proveniente da sinistra, oramai prossimi a valicare su un pontetto il Canale di Tarasco, (foto 13) generato da poco dalla confluenza del Canale di Ardondola con quello del Ri.

Con una brevissima salita, si perviene ad Arnuzzolo (m. 340), (foto 14) meno di dieci residenti, uno degli insediamenti di cui si compone Dobbiana, posto a ridosso di uno scoscendimento terrazzato affacciato sul valloncello di Tarasco.
Sottopassato un lungo volto, (foto 15) si piega a sinistra (civico 11), a raggiungere una fontana con vasca e marginetta votiva. Qui si volta a destra, per scendere ad incrociare la stradina asfaltata diretta a Tarasco, da attraversare per imboccare di fronte una buona traccia che taglia una pianola prativa oggi occupata da arnie. Raggiunto il pontetto sul Canale della Garotta, si risale un po’ ripidamente il versante opposto, tenendosi a sinistra ad un bivio, dove su scaglie si guadagna un bel ripiano erboso presenziato da una sparuta rappresentanza di giovani ulivi.
Ginestre, ginepri, cerri e faggi ci accompagnano allo scavalcamento di un altro corso d’acqua, oltre il quale con una ripida erta si rampa assai faticosamente godendo però di ampie vedute verso le borgate di Tarasco e Monti, nonché l’isolata chiesa di Dobbiana dedicata a San Giovanni Battista. (foto 16)

Grazie alla faticosa salita, dopo una decina di minuti circa, si guadagna un vasto pianoro prativo adibito a pascolo, da bordare sulla sinistra finché non s’arriva alla sua cancellata di chiusura, al di là della quale si è ospiti dell’incantevole Podere Conti, in quel di Lusine (m. 462), (foto 17) collocato a breve distanza dai ruderi di Calzare.

Ricavato dalla dismissione di alcuni cascinali in cui fino a pochi anni or sono venivano allevati cavalli, suini e mucche, il Podere Conti è oggi una struttura ricettiva agrituristica adatta a trascorrevi settimane in piena armonia con l’ambiente bucolico e naturalistico circostante. L’impatto è di sicuro effetto, la tranquillità trasmessa pure; gli edifici, abilmente ristrutturati seguendo una logica che richiama il passato, conservano in parte elementi rustici interessanti. Non mancano le opportunità per passeggiate a cavallo e durante il periodo estivo è resa funzionale pure una piscina.
Al piacevole soggiorno negli ex cascinali, si aggiunge una cucina ortodossa e raffinata, perlopiù concentrata su prodotti del territorio.
Il luogo è memore di un triste accadimento avvenuto nel corso del secondo conflitto mondiale: nella casa colonica dell’epoca si rifugiarono cinque uomini di Ponticello, sfuggiti ai rastrellamenti operati a valle dai nazisti. Raggiunti e catturati nella notte da una pattuglia tedesca, i cinque uomini furono imprigionati in una stalla di Ponticello, in attesa d’esser fucilati e poi impiccati la mattina successiva sul piazzale della chiesa sotto lo sguardo impietrito della popolazione. Soltanto dopo 48 ore i nazisti criminali acconsentirono al recupero delle salme e alla loro sepoltura in una fossa comune non distante dal luogo dell’eccidio. Angella Enrico (37 anni), Angella Francesco (42), Mori Leopoldo (58), Sardella Giovanni (33) e Sardella Vincenzo (39) i loro nomi.

Si segue il sentiero che tiene a sinistra la grossa struttura e una volta arrivati sulla sterrata d’accesso ci si porta fino ad un bivio: si sale a diritto finché non si sbuca sulla rotabile che collega Serravalle a Scorcetoli, quindi, a sinistra, si prosegue a svolte fra vigneti e pratine, oramai prossimi al minuscolo caseggiato di Macerie (m. 486). (foto 18)

In questa minuscola frazione del Comune di Filattiera risiedono ad oggi meno di venti persone. Di scarsa rilevanza storica e artistica, presenta d’interessante un piccolo oratorio sconsacrato e una fontana con maestà raffigurante Sant’Antonio Abate.

Dai vecchi lavatoi, ci si porta verso l’interno dell’abitato, ci si tiene a sinistra (fonte) e fra le case affacciate su pendii coltivati, s’arriva a ritrovare la stradina asfaltata che transita al disotto d’un bel pascolo. (foto 19)

Seguendo la carrozzabile a destra, in leggera salita, si resta affacciati verso la Val di Magra, le Alpi Apuane e su tutto il versante opposto della Lunigiana precedentemente percorso dal nostro trekking. Dopo un curvone, ci si diparte a destra su una carrareccia che taglia un filare di cerri (foto 20) e che, strizzando l’occhio pure ad una porzione appenninica, (foto 21) rasenta una cinta a secco e passa nel mezzo d’un pendio coltivato a vigne e ulivi.
Con questo splendido camminamento pianeggiante, si transita appena al disotto delle sparute case di Pozzi (m. 521) (foto 22) posizionate alla testata della valletta della Fola, poi, tenendosi a destra, in un vero e proprio concerto coltivato (da una parte però sterpi e arbusti hanno riconquistato le piane), s’arriva ad un abbeveratoio, da dove in salita leggera ci si ricollega alla carrozzabile per Serravalle.

All’altezza di una vicina cappelletta con bassorilievo dedicato a San Giuseppe (opera del 1874), (foto 23) si discende un tratto sentieristico che consente per due volte di risparmiare i lunghi tornanti stradali.
Attraversata dunque per la seconda volta la carrozzabile, si continua a diritto fra i campi (a destra la strada scende verso Caprio) fino a sbucare sulla via asfaltata che fa ingresso in Serravalle (m. 506). (foto 24)

Splendido borgo della Valle del Caprio, posto alle pendici meridionali di un avancorpo del Monte Ferdana, costituito nella parte nuova da belle case indipendenti dislocate lungo la Provinciale 35 e nella parte vecchia dal nucleo storico, tipico con volti e gallerie. Nonostante il paese non abbia più da qualche anno l’alimentari e il servizio di linea bus, vi risiedono una settantina di abitanti, ben radicati malgrado le lapalissiane scomodità. Tutt’altro che perduta la tradizione culinaria del posto, la cui caratteristica è costituita da una sapiente capacità di amalgamare gusti provenienti dalle regioni limitrofe. Oltre al pesto del contrappennino ligure, agli gnocchetti verdi o di farina di castagne di Malgrate, alla polenta incatenata del fivizzanese, ne sono un esempio classico i tortelli (derivati dai ravioli emiliani). La diversità del piatto consiste principalmente nel ripieno, dove alla verdura s’aggiunge la carne e inoltre, per quanto riguarda il sugo, si fa ricorso ai funghi, al pesto e anche alla panna con le noci. Per una completa degustazione dei piatti sono ottimi sia i vini bianchi e rossi che si producono nei comuni di Filattiera e di Bagnone sia il rosso, ricavato da sola uva pollera, di Mocrone, nel comune di Villafranca.
A Serravalle è interessante la chiesa dedicata a San Michele, consacrata nel 1480 e ampiamente modificata nel corso dei secoli. La facciata, tracciata da quattro lesene, ospita una nicchia con la statua della Madonna sormontata dalla trabeazione che reca incisa la dedica a San Michele Arcangelo; sopra ancora, il timpano, con un rosone circolare al centro. Una breve scalinata si collega al portale d’ingresso, ritmato da una bella cornice dalle linee curve e irregolari. All’interno, ad aula unica, due campate di setti a tutta altezza realizzano cappelle laterali, due delle quali ospitano altari. Il soffitto è piano, affrescato a cassettoni e percorso da una cornice in tutto il suo perimetro.

…continua

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Percorso alternativo da Serravalle a Rocca Sigillina in attesa del ripristino del sentiero gravemente compromesso dopo il guado del Fosso del Cuccarello

Dalla Chiesa di San Michele Arcangelo si procede in direzione est lungo la Provinciale 35 che cala verso le ultime abitazioni che lasciano poi spazio ad ampi terreni coltivati. Bosco e piane coltivate s’alternano anche dopo aver compiuto alcuni tornanti finché, dopo circa due chilometri da Serravalle, si trascura a destra un’ampia mulattiera che consente di raggiungere attraverso la valletta della Chiosa i paesini di Caprio, Ponticello e Canale. Confluiti sulla strada che sale da Ponticello e Caprio (ma è anche possibile un centinaio di metri prima dell’incrocio voltare a sinistra su una via a fondo naturale che si stacca nei pressi di una casa rosa), si piega tosto a sinistra e in leggera salita si superano alcune abitazioni. Trascurata a destra la stradina per il piccolo caseggiato di Cavallana (interessante il campanile della chiesa dedicata a San Martino), si lasciano le ultime case e si procede attraverso un ambiente solitario e boschivo che a un certo punto incrocia il corso del Fosso di Dorbola che si guada su pontetto stradale. Siamo all’interno della Valle del Caprio, che scorre alla nostra destra ma non si vede, quando ci si alza con maggior pendenza andando ad incontrare un secondo pontetto, quello che scavalca il Fosso di Cuccarello. Al termine del pontetto, una scorciatoia a sinistra (se pulita) consente di evitare almeno tre tornanti stradali che a un certo punto presentano il bivio a destra per Vignolo e Posponte di Lusignana (da trascurare). Con copertura a castagno e poi al fianco di coltivi, si fatica un pochetto per qualche minuto finché, nei pressi d’una curva con abitazione e il vicino cartello bianco che indica l’arrivo a Rocca Sigillina, s’imbocca a destra una ripida scorciatoia che permette di evitare un buon tratto di strada fino a sbucare proprio all’inizio del paese.

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…TL ufficiale  da Serravalle

Prima dell’imminente volto, il Trekking Lunigiana piega a sinistra (non traggano in inganno i vecchi segnavia che proseguono all’interno del paese poiché conducono soltanto verso quello che un tempo era l’edificio adibito a posto tappa e oggi dismesso), ma nulla impedisce di dare un’occhiata alla vicina bella piazzetta monumentale, sede della parrocchiale dedicata a San Michele.
Tornati al volto d’ingresso, si devia sulla stradina che sale a nord, ma dopo pochissimi metri ci si diparte a destra sotto una lunga arcata a cui fa séguito una via cementata che confluisce, all’altezza del Fosso del Tresanese, su una via asfaltata. La si segue a sinistra e tra i coltivi, si raggiungono le ultime case del paese, (foto 25) in località Li Groppo, dove, trascurata la strada a sinistra, si perviene alla morte dell’asfalto. Continuando ora su una carrareccia, ci s’imbosca raggiungendo presto la goletta del Canale del Rumore, oltre la quale si compie un lungo taglio in costa alle pendici meridionali del Monte Ferdana.

Si prosegue attraversando un’insolita concentrazione di macchia costituita perlopiù da rovi, ginestre ed erica arborea, (foto 26) mentre più avanti s’aggiungono i soliti cerri, faggi e castagni, intanto, usciti allo scoperto all’altezza di una diramazione a destra in curva, in località Casoni, si piega a sinistra e tra ginestre, biancospini e rovi, s’arriva su una spalla altamente panoramica in vista del crinale appenninico che qui comprende il Braiola, il Marmagna, l’Aquila, il Dongo e il Brusà. (foto 27)

A destra c’è un pascolo, a sinistra una pista conduce alle cascine Simoncelli, a diritto, invece, ecco il nostro Trekking Lunigiana che torna ad immergersi nel bosco misto, (foto 28) non prima però d’aver assaggiato con lo sguardo, verso oriente, il borgo di Rocca Sigillina. È questo un tratto di sentiero altamente spettacolare, le immagini su Rocca Sigillina si sprecano, la macchia boschiva e lo sfondo appenninico seguitano ad incorniciare un quadro decisamente affascinante. (foto 29)

Dopo un buon tratto pianeggiante, si comincia a scendere sempre più ripidamente (tenersi a destra ad una biforcazione ad oggi confusa da pitturazioni blu) attraverso un sentiero un po’ infimo, poi, scavalcato un fosso sempre asciutto, con occhio ai segnavia si rimonta assai faticosamente una costa per almeno un paio di minuti fino a guadagnare un ripiano ricco di castagni ed erica arborea.

Nuovamente in discesa, in un ambiente molto selvaggio in cui sopravvivono castagni secolari, ci si sposta sul versante del Cuccarello, dove quasi si precipita sul fondovalle incontrando per due volte un ruscello. Raggiunto il vertiginoso “pont ad gorpin” (foto 30) sull’inquietante forra (si tratta di un salto di oltre venti metri) del Fosso di Cuccarello, (foto 31) ci s’impegna in modo sostenuto, all’interno del castagneto della Fratta, affrontando un’autentica spezzagambe che dopo cinque minuti infernali conduce alle case esposte più a nord di Rocca Sigillina (m. 506). Ci si trova nel punto in cui a sinistra, sotto un volto, si diparte l’itinerario 128 diretto al Passo del Cirone, mentre più a lato, sulla destra, è sistemata una maestà con statuetta raffigurante la Madonna col Bambino.

È consigliata l’uscita per un momento dal percorso per salire qualche minuto a sinistra fino a raggiungere la sede in cui si trovano i resti della famosa Rocca. (foto 32)

La Rocca è un basamento poligonale appartenente a una fortezza cinquecentesca a lungo disputata fra i marchesi Malaspina di Filattiera, i pontremolesi e i signori di Parma. Probabilmente questo era il “Fraka Skali” ricordato dall’abate Nikulas Munkathvera nel suo pellegrinaggio dall’Islanda verso Roma nel 1154. Oggi è possibile salire fino all’ultimo piano grazie a una struttura in ferro dotata di ripide scale.
Di fronte alla Rocca si trova la chiesa dedicata a San Giorgio (1719), (foto 33) in stile barocco, sulla cui facciata divisa da quattro lesene, sono presenti tre nicchie che probabilmente in passato ospitavano sculture religiose. Altri particolari sono un basso basamento in pietra che crea una sorta di seduta lungo tutto il suo perimetro; il portale corniciato ad architrave; una finestra rettangolare e profonda posta al disopra della nicchia centrale; una cornice orizzontale alle cui estremità proseguono le due paraste angolari dal capitello dorico; infine, il timpano, con al centro un’apertura ovale. L’interno, ad aula unica e interamente affrescato, è composto da due volumi, uno stretto e voltato a botte (c’è il fonte battesimale) e l’altro a pianta quadrata, con quattro possenti pilastri che sorreggono i pennacchi d’imposta della cupola finemente affrescata.

Dopo aver riposato in questo tranquillo angolo ventilato, si scende a destra con un acciottolato che fra case in sasso, orticelli e portali (foto 34) conduce fin verso l’oratorio dedicato a San Rocco. (foto 35)

Documentato ad inizio XVIII secolo, è un edificio di modeste dimensioni, con facciata semplice e priva di lesene. Rigorosamente allineati in asse al centro il portale, una nicchia con la statua del santo e un finestrino quadrangolare. In alto, una sottile cornice delimita il timpano determinato dalla copertura a capanna.
L’interno, ad aula unica e totalmente affrescato, presenta due pilastri che sorreggono un grande arco a tutto sesto, oltre il quale si apre il presbiterio leggermente rialzato. Sulla parete fondale, infine, si aprono tre nicchie che accolgono altrettante statue di santi.

Senza farsi condizionare dalla segnaletica a questo punto conviene girovagare ad intuito per spiare in totale autonomia ogni angolo di questo straordinario paese che non lesina a mostrare particolari architettonici e profumi d’altre epoche.

Nel 1833 Rocca Sigillina (foto 36, foto 37) contava quasi trecento abitanti; oggi, invece, il numero è talmente esiguo (70 circa) da non poter esser adeguatamente comparato al numero di edifici presenti. Anche gli armenti sono esponenzialmente diminuiti, basti pensare che fino a qualche decennio fa alcune famiglie producevano un formaggio di capra tanto genuino quanto prelibato, una squisitezza purtroppo compromessa dall’inevitabile caduta fisiologica dei contadini e, soprattutto, dalla mancanza di un’adeguata successione di discepoli. Rocca Sigillina fu chiave del controllo dei traffici per Parma lungo la direttrice del Passo del Cirone (variante dell’antica Strada Lombarda), ma fu anche podere dei Medici di Firenze che ne acquistarono i diritti dal XVI al XIX secolo. Il toponimo affonda le sue origini nell’antico “Rocha Vallis Azzolinae”, forse a causa di feudatari discendenti da un certo Ser Azzo, capostipite della dinastia dei Seratti.L’andamento del borgo segue lo sviluppo altimetrico del colle e si snoda a forma di “C” dando luogo a due nuclei ben distinti. In paese non esistono strutture ricettive, tanto meno negozi o bar e confidare nell’autobus è pura utopia dato che le corse sono ridotte al minimo. In compenso i paesani sono molto gentili e ospitali. Unici validi punti di appoggio, oltre al già citato Podere Conti, sono La Casa Torre di Ponticello, splendida dimora storica con torre medievale, dotata di appartamenti indipendenti e piscina privata; il B&B Il Lavaccio, tipico rustico lunigianese con camere, uso cucina e piscina; l’Agriturismo Podere Magaiana, antica villa padronale del XVI secolo, fornita di camere, piscina, maneggio e ristorante che serve piatti tipici lunigianesi; Ca d’Pedina, con appartamenti forniti di tutto il necessario situati nel centro storico di Caprio.

Legenda

Tempo di percorrenza
Lunghezza del percorso
Altitudine minima del percorso
Altitudine massima del percorso
Altitudine tappa di partenza
Altitudine tappa di arrivo

Profilo altimetrico

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