Tappa 02: Novegigola - Villa di Tresana
Località toccate
Novegigola – Campoloppio – Torrente Pénolo – Formella – Casella – Groppo – Sella ovest Monte Piaggia – Rio Ciottolara – versante nord Monte Mirone – Ortigaro – Camporella – Torrente Osca – Montale – Provinciale 23 – Via Amalia di Baviera – Castello di Villa – Rosticciola – Villa di Tresana (Ospedale).
La tappa
Con questa tappa si attraversano diverse frazioni del territorio comunale di Tresana dislocate su due vallate (Pénolo e Osca) ricche di boschi integri e selvaggi. Da tener presente però che il tempo di percorrenza rispetto a quanto citano alcuni testi e siti internet non corrisponde alla realtà, dato che dal 2019 il tracciato ufficiale è stato sensibilmente modificato a causa delle difficoltà relative alla manutenzione del sentiero, in particolare sulla tratta che scendeva verso l’alveo della valletta dell’Osca.
A Novegigola (m. 416), esattamente lungo la Provinciale 20 che verso ovest conduce al Valico dei Solini, dove corre l’Alta Via dei Monti Liguri, ci si porta al bivio con la strada comunale per Giovagallo, ovviamente da intraprendere con rotta a nord. Sfiorata una cappelletta dedicata alla Madonna (qui si trascurano a destra la carrozzabile per Rovaro e a sinistra una pista che conduce verso un’area agricola), si prosegue in discesa per qualche metro fino al primo evidente tornante, dove i segnavia piegano a destra su un viottolo prossimo a tagliare un pendio prativo. Rispetto ad esso, ci si tiene un po’ a sinistra, lungo una sorta di mulattiera a fondo naturale che cala velocemente verso un paio di rii, uno alquanto maleodorante.
All’interno del castagneto (foto 1) si supera un terzo ruscello, quindi, senza ulteriori variazioni, si perviene a un punto marcato da una sorta di pianella in cui si diramano diverse tracce ingannevoli. Il varco giusto è quello che sta più a destra (a seconda dello stato della vegetazione spontanea potrebbe risultare malagevole o in parte ostruito), attraverso il quale si continua a calare scorgendo ad un certo punto a sinistra le abitazioni e gli attigui baraccamenti di Campoloppio (m. 324). (foto 2)
Servito soltanto da una pista sterrata che si diparte dalla comunale di Giovagallo, in questo antico sito rurale un tempo abbondavano bestiame ed ampie aree coltivate perché favorite da un’ottima esposizione solare. Oggi, in proporzioni ridotte, il luogo è mantenuto in vita grazie all’interessamento di una famiglia di origine tedesca (Von Hahn) che, oltre a difendere coltivi e bestiame, offre la possibilità di vitto e alloggio nel cuore di un paesaggio solitario, dominato dalla natura. In questa fattoria (14 ettari fra bosco e prato) vengono allevati pecore, asini, capre e galline (è pure presente una piccola attività di apicoltura), mentre orti e alberi da frutta ne fanno da contorno.
Il Trekking Lunigiana però sfiora soltanto il complesso rurale, infatti, sempre per sentiero, tende ad abbassarsi con maggior pendenza (foto 3) in un contesto in cui il castagno lascia presto il dominio alla sterpaglia che minaccia l’infrascamento. Ad un certo punto il sentiero inizia a serpeggiare, a tratti scomodo, e una volta parallelo al Canale di Rovaro piega un po’ a sinistra e punta deciso verso una palizzata nascosta dalla vegetazione, oltre la quale, in località Formella, scorre il Torrente Pénolo. Ad oggi il guado, soprattutto nei periodi di abbondanti piogge, è un po’ complicato perché il vecchio ponticello non c’è più, (foto 4) (foto 4 bis) comunque, una volta dall’altra parte, la traccia guadagna velocemente un vasto pianoro erboso, piega a destra, si affianca a un rivolo e sale per pochi secondi fino a oltrepassare un ingresso con cancello.
Entrati nella proprietà Formella (m. 227), (foto 5) per sentiero si confluisce sulla stradina che accede all’isolatissimo complesso abitato, circondato da vigneti e terrazze erbose.
Nonostante resti distante sia dalla viabilità principale sia da altri nuclei abitati, questo caratteristico complesso rurale, formato da una manciata di stabili con pietra a vista, è mantenuto in vita da una famiglia che con sacrificio lavora alacremente un buon numero di ettari di terreno circostante, con tanto di bestiame da allevamento. Non vi è certezza, ma qui non è esclusa la possibilità di vitto e alloggio.
Da questo punto conviene seguire la stretta carrozzabile che, superata una stalla, compie in leggera salita un paio di svolte e perviene a un trivio (m. 279): trascurata a sinistra la stradina per Torchio, si piega a est (destra), dove comodamente per boschetto e, più avanti fra coltivi, si scavalcano alcuni canali fino a raggiungere un grazioso isolato edificio in località Casella (m. 310), (foto 6) chiuso all’interno d’un recinto e circondato da terrazzamenti ad ulivo (dalla parte opposta c’è pure una piccola piscina).
Senza possibilità d’errore, si prosegue sulla stretta carrozzabile, la quale, aperta ancora fra terrazzamenti soleggiati in parte coltivati e qualche capanno, perviene in pochi minuti al cosiddetto bivio Ghiaia-Pisciara, diramazione della Provinciale 24.
Questa strada non è altro che la prosecuzione della comunale lasciata a Novegigola, la quale, con un ampio semicerchio, aggira la vallata del Pénolo toccando le piccole frazioni di Debirotti, Tavella, Pietrasalta, Giovagallo e Bola, mancando di poco i caseggiati di Agneda e Vigonzola. Nonostante tutto appaia come una semplice e anonima realtà agraria, lungo questi luoghi sono trascorsi secoli di storia di una certa rilevanza.
Basti pensare al feudo di Giovagallo, affiliato al marchese Manfredo Malaspina, il quale fece addirittura riqualificare a monte di Tavella un preesistente castello (XII secolo) concesso dall’imperatore Federico Barbarossa ad Obizzano Malaspina di Mulazzo, i cui ruderi sono visitabili percorrendo un sentiero della durata di trenta minuti circa. Sono inoltre degni di nota i resti dell’antica chiesa di San Michele Arcangelo (XV secolo e dismessa nel 1941) di cui sono visibili i muri perimetrali, la zona absidale, l’alto campanile e l’apiario dell’azienda Antoniotti a Tavella, produttrice di miele di acacia, millefiori e castagno.
Si va a destra, per raggiungere in pochi minuti la frazione di Groppo (m. 365), (foto 7) che il Trekking Lunigiana ispezionerà minuziosamente attraversandone la via interna, intrapresa quasi sùbito deviando a sinistra, alla prima abitazione, su una scalinata con corrimano a tubo.
Groppo ha una particolarità insolita rispetto a molti altri borghi della medio-alta Lunigiana: esso conta una sessantina di edifici quasi tutti utilizzati, nonostante la popolazione non raggiunga le ottanta unità. Uno di questi però ha valore commerciale in quanto si tratta di un’azienda presente fin dal secolo scorso specializzata nella produzione di farina di castagne. Ad oggi Rita Tomà ne è la responsabile e grazie alle tramandate tecniche di lavorazione del passato, come ad esempio la selezione del frutto fatta a mano, l’essiccamento con legna di castagno nei cosiddetti “gradili” e la macinatura effettuata impiegando mulini con macine a pietra, vanta un nobile mercato fatto di prodotti di qualità come le castagne morbidelle e la farina di castagne senza glutine. All’interno del borgo, più precisamente alle pareti delle fresche gallerie, gli abitanti hanno appeso piccole bacheche con attaccati antichi curiosi manufatti di vario genere (perlopiù chiavi, bottoni, patacche, ecc.). Come in altre frazioni, anche a Groppo in passato erano attive le attività agricole, tra cui le coltivazioni del fagiolo, del frumento, della vite e dell’ulivo; non da meno l’allevamento del bestiame (ogni famiglia possedeva almeno una mucca), con pecore, animali da cortile, mucche e maiali.
Sportivamente parlando Groppo è da qualche decennio méta fissa della gara ciclistica juniores intitolata alla memoria di Antonio Colò, una prestigiosa rassegna riconosciuta a livello nazionale che è pure riuscita ad avviare giovani atleti al professionismo.
All’altezza d’un pilone votivo con bassorilievo dedicato alla Madonna e San Pietro, si volta a destra, sotto un volto, quindi, fra orti e vigneti, si cammina a monte del paese, dove s’incontrano diverse fonti. Dopo una suggestiva galleria, (foto 8) occorre con attenzione uscire dalla via principale (essa terminerà a breve in un piazzaletto adibito a parcheggio) per salire a sinistra un viottolo diretto ad incontrare una pista sterrata che corre nel boschetto (antica via di comunicazione fra le valli del Pénolo e dell’Osca).
La si segue verso destra e al vicino incrocio si sale a diritto per un ampio tratturo aperto nel castagneto alle pendici meridionali del Monte Piaggia. (foto 9) Dove la salita s’attenua (a sinistra si osserva un’area con arnie), s’attraversa un bosco arricchito di querce e ginestre e in questo contesto si resta finché non si perviene alla Sella ovest del Monte Piaggia (m. 450), nodo importante poiché fino al 2018 il Trekking Lunigiana deviava verso nord (destra) a costeggiare il versante occidentale del Monte Piaggia per andare poi ad abbassarsi fino al curioso caseggiato allungato di Serrapiana. (foto 10)
Oggi non è più così, infatti, si prosegue sulla trattorabile fino alla prima biforcazione, dove si piega a destra, sull’antica via diretta verso la valle dell’Osca, mentre a diritto prosegue quella che più avanti andrà a collegarsi con la carrozzabile che unisce Giovagallo alle Pietre Bianche, in quel di Calice al Cornoviglio.
Stiamo ora percorrendo un lunghissimo mezzacosta pianeggiante, inseriti in un contesto boschivo promiscuo con prevalenza del castagno. Restando sempre al disotto dei 500 metri di quota, (foto 11) si mantiene a lungo la rotta verso ovest, superando almeno un paio valloncelli, il secondo dei quali denominato Rio Ciottolara. L’episodio successivo consiste nel tagliare di netto l’intero versante settentrionale del Monte Mirone, la cui quota massima rimane all’incirca un centinaio di metri al disopra della nostra posizione.
Il fatto che la copertura boschiva difficilmente regali inquadrature sul versante opposto (foto 12) non deve far cadere l’esplorazione nella monotonia, anzi, valido suggerimento rimane quello di affrontare il lungo mezzacosta fagocitandosi nello spirito di chi accetta l’idea di una rilassante e fresca pausa riflessiva a contatto della natura.
Indizi della conclusione del taglio del Monte Mirone sono una muraglia di contenimento e poco più avanti una piccola area coltivata, oltre la quale l’ampio tracciato confluisce sulla stretta carrozzabile che a sinistra conduce verso la bretella Giovagallo-Pietre Bianche.
Si scende a destra, ad incontrare immediatamente le prime abitazioni di Ortigaro (m. 452), (foto 13, foto 14) parte di un trittico (Pera-Ortigaro-Camporella) insediato sul versante destro idrografico dell’Osca.
La particolarità di questa borgata sta nel fatto che tutti gli edifici presenti risalgono antecedenti la Prima Guerra Mondiale. Molti però sono abbandonati da tempo, pochissimi quelli riqualificati. La decina di residenti presenti sembrano vivere in un paese fantasma, anche se le mappe stradali lo danno comunicante, oltre a Villa di Tresana, con Giovagallo e Calice, ma in realtà entrambe le carrozzabili, nonostante interventi di recupero, rischiano nel tempo di presentarsi poco agevoli. Disposto linearmente e spaccato in due parti, il caseggiato si affaccia esclusivamente ad oriente, dove tra l’altro digrada la costa coltivata.
Proseguendo sull’asfalto, in pochissimi minuti si raggiungono le abitazioni collocate più a monte di Camporella, dove all’altezza di una curva a gomito (cancello di una proprietà privata nei pressi), ci si abbassa a destra per viottolo erboso il quale consente di evitare un larghissimo tornante, ma anche di lasciar fuori dall’itinerario il piccolo abitato di Pera e il suo oratorio dedicato alla Madonna del Canale. (foto 15)
Nulla però impedisce di effettuare questa digressione dal percorso per andare a conoscere da vicino sia il minuscolo caseggiato sia il non lontano oratorio, probabilmente risalente al XVII secolo come indica un’incisione posta sull’alto del pronao voltato, retto da un paio di colonne e sormontato da un rosone circolare. Questa struttura, ad aula unica, sormontata nella facciata da un campanile a vela binato, nasce tradizionalmente da una sorta di disputa fra le piccole borgate che attorniavano l’Osca. Il dilemma era la sponda sulla quale costruire l’oratorio poiché c’era chi tifava per quella di destra e ovviamente quelli che spingevano per quella di sinistra. Sta di fatto che un giorno, depositati la sera prima i materiali per le fondamenta sulla destra del Canale di Borra Grande, gli operai li ritrovarono sistemati sulla sponda opposta e anziché pensare al buontempone autore del gesto, considerarono l’evento un miracolo e lì fecero costruire l’oratorio.
Su traccia erbosa ci si cala fra terrazzine per introdurci nel cuore di Camporella (m. 398), (foto 16) fino ad arrivare a sottopassare un volto, oltre il quale una nuova traccia erbosa ci riconduce sulla stradina asfaltata.
Interamente raccolto sullo schienale di un colle, questo minuscolo caseggiato, in parte circondato da terreni coltivati e in parte da bosco, conta poco più di una decina di abitanti nonostante gli edifici risultino in buono stato perché recentemente ristrutturati. Al suo interno, oltre a pochi ma graziosi vicoli, sono interessanti alcuni portali.
Un centinaio di metri più avanti, si esce a sinistra su uno stretto viottolo che, fra alternanze prative e boschive disturbate da felci, ci riporta velocemente sulla solita carrozzabile. In leggera discesa, circondati da tanto verde, (foto 17) si prosegue lungamente sull’asfalto fino al pontetto che guada il ramo più occidentale del Torrente Osca (m. 256), (foto 18) alimentato dagli impluvi dei monti Cornoviglio, La Nuda e Colle Carme del Duca. Con scarsa pendenza adesso si salicchia oltrepassando il ramo orientale dell’Osca, poi, dopo meno di un chilometro, si evita a destra la stradina per Ognacca, oramai prossimi a confluire sulla Provinciale 23 in località Montale.
Piegando verso est (destra), si prosegue lungo la strada che, lasciata a sinistra una via più sbrigativa per Villa, inizia a tagliare in falsopiano una costa boscata. Poco prima del salto di un valloncello, si trascura a destra la deviazione per i bellissimi casolari de La Liona, quindi, in pochi minuti, si arriva ai piedi della splendida borgata di Via Amalia di Baviera (m. 275), (foto 19, foto 20, foto 21) dove ci si ricongiunge al primitivo tracciato del Trekking Lunigiana che un tempo risaliva ripidamente dal sottostante Torrente Osca.
Si sale la suggestiva rampa di scale che tra affascinanti passaggi voltati e gradini in pietra ci conduce per mano in un luogo fiabesco (al civico 17 tenere la destra). Ancora a destra di una fonte, si continua fra belle abitazioni fino a pervenire sulla strada d’accesso, dove s’incontrano una seconda fonte e una nicchia con bassorilievo dedicato a Sant’Antonio da Padova. L’interesse maggiore però viene catturato dalla presenza del Castello di Villa (m. 320), (foto 22) antico possesso malaspiniano, circondato da un piccolo giardino da cui si gode una piacevole vista sulla sottostante vallata.
Adibito a residenza estiva, deve il suo stato attuale alla ristrutturazione ordinata dalla principessa Amalia di Baviera (da qui il nome alla via centrale del borgo) e il conte Huberto Poletti Galimberti. Antico insediamento militare e amministrativo per il controllo della viabilità fra Mulazzo e Tresana, il castello trae le sue origini intorno al XIV secolo, mentre come feudo la data si sposta di due secoli, dopo che l’antico borgo e le sue pertinenze furono smembrate da Lusuolo. Questo maniero malaspiniano si presenta come una semplice costruzione massiccia, a pianta quadrangolare, movimentata da due torrioni cilindrici ai vertici opposti. Interamente in pietra con abbondanti giunti di malta, il muro perimetrale presenta sui quattro lati una leggera scarpa al disotto di un cordolo continuo in pietra e una serie disordinata di brucature di dimensioni diverse nonché di balestriere nei torrioni angolari, a testimonianza delle trasformazioni subite nel tempo.
Proseguendo lungo la stradina asfaltata che costeggia un uliveto e alcuni terrazzamenti recintati, si passa a un contesto più boscoso, oltre il quale, a un certo punto a sinistra, s’imbocca in discesa una carrareccia che conduce velocemente a un bivio di non facile individuazione perché spesso ostruito dalla vegetazione: si volta a destra, a scavalcare un rio e a costeggiare sùbito dopo una cinta a secco che sorregge antiche piane riconquistate da roveti (nel caso in cui questo passaggio risultasse in pessimo stato, il consiglio è quello di proseguire restando sulla stradina asfaltata fino a ritrovare il Trekking Lunigiana un paio di minuti più avanti all’altezza dell’area cimiteriale). Al termine di questo corridoio in parte erboso, si fa ingresso in Villa Rosticciola (m. 343), sede della chiesa dedicata a San Siro (foto 23) e per molti decenni base della Bottega di Nonna Vivalda, un negozietto di alimentari di cui oggi resta soltanto una malinconica insegna.
Dell’antico edificio, fiancheggiato dall’area cimiteriale, pochissime sono le tracce che per data risalgono ad epoca medievale, questo perché una ristrutturazione avvenuta nel XVIII secolo le ha quasi completamente cancellate. L’impianto si configura come un’aula monodirezionata fiancheggiata da profonde cappelle laterali separate da robusti pilastri ottagonali che suddividono lo spazio dell’aula in tre campate coperte da volte a vela con esclusione di quella centrale ornata da una calotta ellittica intradossata, con aperture circolari, sostenuta da una ricca trabeazione classicheggiante con cherubini reggenti festoni. Il presbiterio prolunga lo spazio della navata centrale dell’aula generando un emiciclo absidale della stessa larghezza, preceduto da una campata subquadrata coperta da una calotta ribassata, con la gloria dello Spirito Santo, appoggiata su quattro pennacchi semisferici. La trabeazione interna, priva di capitelli, forma il livello d’imposta delle volte e coordina le proporzioni degli altari laterali a stucco di buona fattura. La facciata ripropone la partizione interna coronando, con l’onda di un cornicione curvilineo, la sottostante parete fiancheggiata, in corrispondenza delle cappelle, da una coppia di pilastri binati con specchiatura intermedia. Il portale settecentesco in arenaria è stato arricchito di una cornice sorretta da mensole e sormontata da un fastigio in stucco a due volute contrapposte, decorato con un festone di fiori. All’interno dell’edificio sacro si trova un altare in marmo dedicato alla Madonna del Rosario e le spoglie del tenente dell’esercito imperiale Thomas Nugent.
Amalia di Baviera, Rosticciola, Poggio, Montale, Ospedale, Ognacca, Liona, Castello, Lavaggi e Pescara si riuniscono nel toponimo di Villa di Tresana, (foto 24) legato a Villafranca fin da epoca medievale. La storia ci racconta che la località nel 1416 subì gli attacchi della famiglia genovese dei Campofregoso e probabilmente, nel 1500, la distruzione ad opera del facinoroso Giovanni dalle Bande Nere.
Passando fra la chiesa e il cimitero, si volta a destra e si percorre la strada fino ad incrociare la Provinciale 23. Su questa, in salita, si raggiunge il sito dell’Ospedale (m. 352), dove oltre a una fonte è presente una chiesetta dedicata a Santa Lucia. (foto 25)
Alcune carte lo citano Ospitale, toponimo tratto da un’istituzione d’assistenza e beneficenza probabilmente fondato nel 1458 come si deduce dalla scritta 10 settembre 1453 scolpita sulla pietra, forse risalente alla data d’inizio lavori. Inizialmente dedicato a Santa Maria Maddalena, l’oratorio si presenta con la sua architettura caratteristica, con porta e finestre riquadrate in arenaria e, in alto, la piccola campana. La seconda dedicazione a Santa Lucia sarebbe avvenuta, secondo la tradizione, nel 1630, quando numerosi soldati di un reggimento in transito sarebbero stati miracolosamente guariti da una malattia agli occhi. La realtà invece ci riconduce al 1636 (data scolpita sul portale dell’oratorio), anno in cui venne restaurato o ricostruito l’edificio, nonché dotato di una pregevole tela, di probabile scuola fiorentina, posta sopra l’altare, che, oltre alla Madonna col Bambino e a Maria Maddalena, comprendeva pure Santa Lucia. Nel XIX secolo l’Ospitale non disponeva più di locali d’accoglienza per i poveri e gli infermi, ma esercitava un’assistenza a domicilio che via via scomparve con l’unità d’Italia. L’ultimo restauro risale al 1994.
Qui si conclude la seconda tappa del Trekking Lunigiana, che un tempo aveva come punto d’appoggio la trattoria Lo Scoiattolo, posizionata su un ripiano cementato a secco coperto da un filare alberato nei cui pressi operava l’ufficio postale. Oggi, al suo posto, è stata di recente edificata una bella struttura ricettiva dal nome La Maison de Vevette.
Valide soluzioni per ristoro e pernottamento sono a Tresana, Barbarasco e a Villecchia. A Tresana è operativo il B&B Il Tempo del Vento, dotato di quattro graziose camere (Brina, Brezza, Tempesta e Soffio) e impreziosito dall’ottima e cortese gestione di Ivana; la struttura offre pure servizi di ristoro e benessere.
A Barbarasco invece si trova l’Albergo Ristorante Mauro, quattordici camere a disposizione e piscina d’acqua salata. La cucina propone piatti tipici della tradizione lunigianese come ravioloni di castagne con pere caramellate, funghi cucinati in vari modi, pappardelle al sugo di cacciagione, fiorentine, agnello locale al testo, ecc. A Villecchia c’è il B&B Roby’s House, mentre proprio a Villa si trova la nuovissima La Maison de Vevette. Anche se fuori mano rispetto al Trekking Lunigiana, vale la pena citare pure la Trattoria Zini a Canala, a conduzione familiare, locale rinomato per i piatti di cacciagione, anche se non disdegna pure quelli di mare.
- Casa Vacanza Campoloppio, a Campoloppio – 0187 1780817
- B&B Il Tempo del Vento, a Tresana – 0187 1859436
- Albergo Ristorante Mauro, a Barbarasco – 0187 477464
- Trattoria Zini, a Canala – 0187 477153
- Casa Vacanze Roby’s House, a Villecchia – (vedi airbnb)
- La Maison de Vevette, a Villa – 3314416850
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